Bill Bruford – Rock Goes to College

(Andrea Romeo)

Rock Goes to College è stata un’operazione musicale e televisiva molto interessante, messa in cantiere dalla BBC tra il 22 Settembre del 1978 ed il 19 Marzo del 1981, e che raggiunse l’obbiettivo di ampliare sensibilmente la fruizione dei concerti dal vivo da parte di un pubblico il più ampio possibile; vennero organizzati numerosi concerti, all’incirca una cinquantina, in diverse venues all’interno di università, politecnici e colleges, ai quali gli studenti potevano accedere gratuitamente e che venivano programmati, in diretta, alla radio ed alla tv, in trasmissioni di circa un’ora: la produzione fu affidata a Michael Appleton, la direzione artistica a John Burrowes mentre a presentare l’evento sui media venne chiamato Pete Drummond.

I nomi in cartellone non furono certamente di secondo piano, perché tra gli altri si esibirono The Boomtown Rats (Middlesex Polytechnic, Hendon), The Stranglers (University of Surrey, Guildford, Surrey), Rich Kids with Midge Ure & Glen Matlock (University of Reading), The Climax Blues Band (City of Birmingham Polytechnic), AC/DC (University of Essex, Colchester, Essex), Lindisfarne (University of Essex, Colchester, Essex), George Thorogood (Middlesex Polytechnic, Hendon), The Cars (University of Sussex, Brighton), Rory Gallagher (Middlesex Polytechnic), The Police (Hatfield Polytechnic), Steve Hillage (University of Kent at Canterbury), Joe Jackson (Hatfield Polytechnic), Spyro Gyra (University of Leeds, Yorkshire), Robin Trower (University of London Union, London), April Wine (University of Reading), Tom Petty (Oxford Polytechnic, Oxford), UB40 (Keele University), John Martyn (Chelsea School of Art and University of Stirling), Siouxsie and The Banshees (Warwick Arts Centre, University of Warwick, Warwickshire), insomma artisti di un certo livello, alcuni dei quali già divenuti vere e proprie rock star, altri decisamente in rampa di lancio per diventarlo a breve.

Il 17 Marzo, 1979, presso l’Oxford Polytechnic, Oxfordshire, ad esibirsi fu una band di recentissima formazione: Bill Bruford (drums, percussion) ed Allan Holdsworth (guitar), reduci dall’esperienza con gli UK, Dave Stewart (keyboards), fondatore dei National Health, ma anche in Uriel, Egg, Khan ed Hatfield and the North, Jeff Berlin (bass), che con Bruford iniziò di fatto la propria carriera ed Annette Peacock (voice), che aveva già alle spalle una notevole carriera, iniziata negli States sin dagli anni ’60, avendo lavorato fra gli altri con Gary Peacock, che divenne poi suo marito, Albert Ayler, Paul Bley, Karlheinz Stockhausen e Brian Eno.

Come ebbe a dire Bill Bruford, in un’intervista rilasciata anni dopo. “This was a baptism by fire, our first gig in the first few days of the band’s existence. At the beginning of it I wasn’t sure. By the end, I knew we were on to something serious.

Ascoltando le otto tracce presenti nel cd, appartenenti ai due album Feels Good To Me e One Of a Kind, ristampato sotto la supervisione di Bruford stesso, e con l’aggiunta di un dvd che contiene il filmato dell’intero show, che la questione fosse davvero una “cosa seria” lo si percepisce immediatamente: siamo agli albori della fusion e la band del batterista di Sevenoaks incarna un frammento importante della via inglese a questo genere, già palesatosi nell’ambito della cosiddetta scuola di Canterbury.

Il brano con cui iniziano lo show, Sample and Hold, definisce già in maniera chiara il livello di questo ensemble: interplay assoluto, incroci strumentali senza soluzione di continuità, assoli brevi, ma sempre ficcanti, un’assoluta padronanza degli strumenti (e ciò era del tutto ovvio) messa però al servizio di un’espressività musicale raffinata e complessa, in un certo senso inaspettata, per un gruppo che si poteva considerare tale solamente da pochissime settimane.

E la successiva Beelzebub è un vero e proprio inno al ritmo, alla dinamica, una continua sequenza di frasi staccate, eppure coese, un pezzo che si propone, come approccio, quale degno erede della tradizione della Mahavishnu Orchestra, grazie all’accoppiata Holdsworth/Berlin in stato di grazia, supportati dal drumming di Bruford che, già con gli UK, aveva iniziato a sperimentare nuovi patterns ritmici.

La suite The Sahara of Snow Pt.1 e 2, scritta da Bruford a quattro mani con il violinista e tastierista Eddie Jobson, viene introdotta da una sezione essenziale, quasi scarna, in cui tastiere, percussioni e vari cymbals creano un’atmosfera straniante cui fa seguito un lungo segmento che rimanda a passaggi tipici della kosmische musik; poi Bruford lancia la band attraverso una lunga cavalcata, decisamente crimsoniana, in cui si colgono, evidenti, i richiami a brani come Frame by Frame, Elephant Talk, Thela Hun Ginjeet, ma anche a parecchi frammenti dell’album Beat, il tutto fino al break centrale, in cui i quattro cambiano tutto, scivolando verso un rock quasi classico, non foss’altro che per la chitarra di Holdsworth, assolutamente peculiare e dal timbro unico.

Tutt’altra musica in Forever Until Sunday, brano dal piglio iniziale decisamente soft, e regno incontrastato del Moog di Stewart, al quale Berlin ed Holdsworth offrono notevoli contrappunti melodici, mentre Bruford rimane volutamente sullo sfondo, per lo meno sino al cambio di ritmo, sempre verso la metà del brano, dopo il quale aumenta l’aggressività del tastierista, unitamente ad un riff di chitarra e basso quasi hard, sino a chiudere con un finale quasi sinfonico.

L’eclettismo della band è davvero impressionante, soprattutto per la capacità di modificare in continuazione le linee, come se i brani fossero, in realtà, giustapposizioni di sezioni differenti, ma sempre perfettamente equilibrate.

Con Back to the Beginning ecco entrare in scena Annette Peacock, con la sua voce aspra, cupa, spesso ai limiti del recitativo, ma dotata di un fascino e di un magnetismo davvero unici: e la band allora si trasforma, creando una base nervosa, spezzata, un continuum di pause e di riprese, di break, accelerazioni e stop; lo spazio per una sezione più lineare, guidata dal chitarrista di Bradford, poi il finale, secco ed improvviso.

Adios A La Pasada (Goodbye To The Past), penultimo brano di questo breve set, vede ancora la formazione lanciarsi in un brano che si potrebbe definire jazz-rock, oppure anche fusion, a cavallo tra Weather Report, Mahavishnu e Return to Forever, eseguito con una scioltezza ed una scelta di suoni davvero eccellente; Berlin sciorina una prestazione “in sedicesimi” degna del miglior Rocco Prestia, con Bruford a fornirgli la giusta base, la Peacock si esibisce in un recitato spettrale, quasi lugubre, mentre Holdsworth e Stewart si occupano della melodia di base, il tutto con una suddivisione dei compiti di una precisione e sincronia assolute.

Un’ora durava la diretta radio/tv, un ora dura lo show, ed allora la band va a chiudere la serata con FiveG, firmata Berlin/Stewart/Bruford, uno scatenato brano di fusion/funk ricco di musicalità, ritmo, con Stewart a giocare con gli oscillatori del Moog ed i suoi suoni “spaziali” e Berlin a “slappare” con nonchalance: un divertissement, certo, ma di un livello davvero fuori scala.

Rock Goes to College… il rock va al college, ed in questo caso la promozione è a pieni voti, addirittura con lode se si considera che, il tempo per la preparazione, è stato davvero minimo.

(Winterfold Records/Cherry Red Records, 2020)

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