801 – Live

(Andrea Romeo – 3 aprile 2020)

Anno 1976: nel momento stesso in cui i Roxy Music vivono un improvviso impasse creativo, il loro chitarrista, Phil Manzanera, ed il tastierista Brian Eno, che li aveva abbandonati un paio d’anni prima privandoli della loro componenente più sperimentale e avanguardistica, si ritrovarono per una session “fra amici”, presso gli Island Studios, ad Hammersmith.

801, come venne poi chiamato il gruppo di musicisti che vi partecipò, doveva essere, e fu di fatto, un progetto del tutto temporaneo, un’esperienza “one shot” che, pur non avendo avuto, nell’immediato, un riscontro particolare, nel tempo assurse a vero e proprio fenomeno di culto.

Tutto si svolse con una rapidità sorprendente: vennero coinvolti Francis Monkman, Fender Rhodes piano, clavinet, già membro fondatore dei Curved Air e prossimo cofondatore degli Sky, Bill MacCormick, bass, vocals, (Matching Mole, Quiet Sun), Lloyd Watson, slide guitar, vocals, che aveva già bazzicato l’entourage dei Roxy Music, ed un giovanissimo Simon Phillips, drums, rhythm generator che, negli anni precedenti, aveva collaborato con Jeff Beck, Gil Evans, Stanley Clarke, Peter Gabriel, Pete Townshend e Frank Zappa.

Dopo sole tre settimane di prove, e senza alcun album in uscita, la band si presentò al pubblico con tre show, a Norfolk, al Festival di Reading, ed infine alla London’s Queen Elizabeth Hall, dove registrò 801-Live che, negli anni a venire, verrà considerato uno dei migliori album dal vivo mai realizzati, e questo anche grazie ad esecuzioni di altissimo livello, a nuove soluzioni nelle tecniche di registrazione, e ad un suono pulito, definito, bilanciato, mai sentito prima e che divenne uno standard imprescindibile per le registrazioni future.

Una scaletta ricca e molto articolata, che pescava dai brani, ampiamente riarrangiati e dilatati, di Manzanera, Eno, e dei Quiet Sun, band in cui il chitarrista e MacCormick avevano militato qualche anno prima, e che conteneva due perle assolute: una versione energetica, quasi psichedelica, ma assolutamente convincente, dello standard dei Kinks You Really Got Me, e la “misteriosa” TNK che altro non era, ma lo si capiva soltanto dopo la splendida intro di tastiere e basso, di una delle migliori versioni mai realizzate (per alcuni, al medesimo livello dell’originale…) della beatlesiana Tomorrow Never Knows, che qui esprimeva, oltre a tutta la propria indole psichedelica, una rivisitazione strumentale assolutamente inedita e di altissimo livello.

Talvolta, per entrare nella storia, basta anche solo un singolo episodio, e la vicenda, brevissima, di questa band, di fatto improvvisata, che si diede il nome di 801, è davvero uno dei casi più eclatanti: in un periodo musicale complesso, e di transizione, soprattutto in Inghilterra, in cui il progressive stava lentamente andando a morire, ed il punk muoveva i suoi primi, ma rumorosi, passi, questo album, che non aveva avuto alcun airplay radiofonico, né era stato supportato da alcun video, divenne quello che si definisce un “long selling album”, ovvero vendette, poco per volta, ma in un tempo lunghissimo.

Il successivo Listen Now, uscito nel 1977, non lasciò invero tracce particolari dimostrando il fatto che, la magia sprigionata in quel momento, in quella situazione, proprio per come era nata, si era sviluppata ed espressa, era davvero difficilmente ripetibile.

Di sicuro c’è la consapevolezza che, riascoltato a distanza di oltre quarant’anni, 801-Live resta un lavoro di spessore, per nulla invecchiato ma che, anzi, ha ampiamente superato la prova del tempo, e questo perchè i suoni, gli arrangiamenti e le esecuzioni, che mescolano rock, pop, prog e psichedelia in una sorta di fusion innovativa e creativa, paiono ancora oggi brillanti, cariche di pathos e tecnicamente inappuntabili.

(Expression/Polydor, 1976)

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